giovedì 19 luglio 2012

1992: sangue e resa


Stavo conducendo il mio programma radiofonico quando arrivò la notizia. Rimasi senza parole, accovacciato in un angolo dello studio con la testa tra le mani. Poi aprì il microfono è con la voce alterata dalla rabbia dissi: “Hanno appena ucciso il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta. È successo di nuovo. La mafia ha dichiarato guerra allo Stato. Prima ha ammazzato Giovanni Falcone, adesso Borsellino…”. Bloccai la programmazione con qualche minuto di silenzio, poi solo musica. Il 1992 fu segnato da eventi funesti, ma la cosa che brucia ancora oggi a distanza di venti anni è la resa “inspiegabile” dello Stato. Si limitò a vincere qualche battaglia quando avrebbe potuto vincere la guerra e “bonificare” per sempre la Sicilia. Nel 1992 per la prima volta la stragrande maggioranza dei siciliani, quella onesta, trovò il coraggio di protestare, di scendere in piazza, di dire ad alta voce no alla mafia, di ribellarsi in massa per porre fine a quella assurda mattanza. Ero in prima fila nei cortei antimafia che si fecero nelle strade di Palermo. Nel mio piccolo cercai di contribuire in ogni modo possibile affinché si cambiasse. Avevo 23 anni. Non cambiò nulla. Adesso ne ho 43 e non è ancora cambiato nulla.




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