martedì 8 febbraio 2011

Lo stupro di un popolo

Succede ogni volta. È inevitabile. Tornare alle origini, per odiare e poi di nuovo amare la Sicilia. Una terra ricca di contraddizioni che può avere tutto ma non ha niente. A parte una classe dirigente corrotta che da sempre ha permesso, da un lato alla criminalità, dall'altro allo Stato di mettere le catene della schiavitù al popolo siciliano. Dietro le quinte della storia hanno deciso a tavolino quale parte dell'Italia "poteva" svilupparsi e quale doveva "restare" ferma ed essere utilizzata soltanto come serbatoio clientelare di voti, laboratorio delle più grandi porcate politiche (che se funzionano poi si applicano a livello nazionale). Ogni minima forma di protesta è stata affogata nel sangue. Sono morti grandi eroi e poveri sconosciuti destinati per sempre all'oblio. Altri si sono lasciati andare, si sono arresi. Altri ancora sono scappati via con la morte nel cuore. Lo Stato non ha voluto vincere la battaglia contro le mafie neanche quando ne ha avuto la possibilità. Va bene così, che continui pure lo stupro di una terra e del suo popolo che ha dovuto anche imparare a sopportare il razzismo padano. Va bene così, soprattutto alle regioni del Nord che "sono state lasciate libere" di svilupparsi, di fare impresa. Prima o poi la rabbia esploderà e la Sicilia potrà essere quello che è veramente: la regione più ricca di Europa. Tutti torneranno nella propria terra per difenderla e per onorarla anche a costo della vita, potranno gridare con orgoglio: siamo siciliani, cittadini italiani e del mondo. Non tutto è perduto, anzi.



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