In tempi di crisi è insopportabile vedere posti di lavoro occupati abusivamente da idioti senza merito. Sono esseri meschini, bavosi, ladri di vite altrui. Sono vermi “piazzati” a prescindere dalle loro capacità grazie a parenti, amici degli amici o per essersi prostituiti. Milioni di vermi grossi e neri che si agitano famelici come un’onda sul corpo putrefatto dell’Italia. Il prodotto sterile di un sistema politico corrotto e clientelare. Vermi che oggi non hanno neanche il buonsenso di rimanere in silenzio: sono diventati arroganti e presuntuosi. Vermi incompetenti che occupano abusivamente posti di lavoro, continuano a rubare la vita altrui, a piazzare a loro volta altri vermi spesso ancora più inetti. E gli italiani perbene derubati del loro futuro vanno avanti con sacrificio o emigrano, anche quando possiedono capacità fuori dalla norma. In un Paese di milioni di raccomandati e raccomandate è ovvio che la meritocrazia non possa esistere. Niente di nuovo ma in tempi di crisi è dura sopportare questo malcostume. Un tempo i volponi democristiani, grandi maestri dell’italica raccomandazione, avevano l’accortezza ogni cinque vermi segnalati e piazzati di prenderne uno bravo. Oggi si raccomandano solo idioti.
lunedì 14 maggio 2012
giovedì 3 maggio 2012
Cose che succedono
Zona Stazione Centrale di Milano. Entro nell’ufficio postale. Chiedo chi è l’ultimo della fila, un vecchio signore alza la mano e mi metto subito in coda dietro di lui. Il tempo fuori è instabile: si alternano nuvole, sole e pioggia.
In un angolo lontano siede una donna di età indefinita, forse perché ha un look molto artefatto ed eccessivamente colorato.
Le operatrici sono veloci. Sento strisciare qualcosa sul fianco destro. Mi volto e scopro accanto la donna artefatta che mi guarda e dice con un tono indisponente: “Adesso tocca a me. Ero seduta. Tu vieni dopo”. Le rispondo che non lo sapevo, che avevo chiesto apposta chi fosse l’ultimo della fila e che comunque può andare avanti”.
La donna con tono sempre più indisponente: “Non avevo bisogno di risponderti. Ho detto tutto con lo sguardo. Uno sguardo vale più di cento parole. Non voglio fare la furba. Sono prima di te e basta”. Mi supera e si piazza davanti allo sportello. Adesso sta pagando le sue cose.
Un signore mi sussurra che la tipa è fuori di testa e che è meglio lasciarla stare. Non seguo il consiglio e le dico: “Faccia pure ma cerchi anche di rilassarsi un attimo”.
Si gira verso di me con occhi malvagi (sembra Michael Jackson nel finale del video di Thriller, manca solo la risata infernale) e urla: “Ma che cosa vuole questo? Tu devi stare zitto! Hai sbagliato tutto nella vita, nel lavoro. Tutto! Hai sbagliato tutto! Stai zitto”.
Soltanto ora capisco che sarebbe stato meglio non darle corda. Resto in silenzio e anche un tantino scosso. Intanto, il volto delle operatrici è sbiancato. Si libera uno sportello e finalmente tocca a me. La tipa artefatta che ha finito mi raggiunge subito, si piazza accanto e non curandosi dell’operazione in corso infila dei fogli sotto il vetro coprendo apposta i miei bollettini.
La lasciamo fare. Restiamo tutti zitti. Immobili. Gli altri mi guardano con una profonda espressione di solidarietà. Lei torna a sedersi in un angolo. Finisco di pagare ed esco, osservo il cielo. Ha smesso di nuovo di piovere. Questa è una buona notizia!
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