Nelle serie TV e nei cinema è un continuo proliferare di storie che descrivono un futuro distopico, “una realtà immaginaria del futuro, ma prevedibile sulla base di tendenze del presente percepite come altamente negative, in cui viene presagita un’esperienza di vita indesiderabile o spaventosa”.
Parte di questo futuro è adesso. I mesi difficili della pandemia finora sembra abbiano accentuato soltanto gli aspetti negativi mostrando una società che ha ripudiato valori e contenuti diventando progressivamente più fragile, narcisista e “leggerissima”.
A lasciare frastornati è anche l’utilizzo ossessivo compulsivo ed errato dei social, soprattutto da parte di figure pubbliche istituzionali e politiche che, invece, dovrebbero dare il buon esempio assumendo o facendo finta di assumere comportamenti virtuosi.
Invece, come certi adolescenti interrotti chiusi in stanze maleodoranti e con poca luce, trascorrono il tempo a pubblicare un post dopo l’altro come se non ci fosse un domani, neanche gestissero i profili social di un’agenzia di stampa, di un grande ente pubblico o di una multinazionale.
Pubblicano a ripetizione post di cui il 90% dei contenuti sono spesso aria fritta. È vero che, limitandoci sempre a politici e amministratori, dal piccolo comune di 300 anime sul cocuzzolo della montagna alla metropoli con milioni di abitanti, succedeva anche in passato quando si comunicava esclusivamente tramite note stampa.
I poveretti sentivano l’esigenza di esternare, almeno una volta al giorno, su qualunque cosa convinti che il mondo non potesse andare avanti senza una loro dichiarazione. Ma almeno vi erano diversi filtri che contenevano i più compulsivi o davano un senso alle dichiarazioni.
I social hanno brutalmente amplificato la voglia di esternare. Basta un click e in un attimo ogni baggianata, frase, video, foto è on line. Studi scientifici hanno dimostrato che è tutta colpa della chimica.
Per andare al nocciolo del problema stiamo parlando di veri e propri tossici dei social. Il meccanismo è uguale: si pubblica un contenuto, si ottengono delle risposte e il cervello riceve messaggi di gioia, benessere e rilascia dopamina. È il prodotto chimico che media il piacere nel cervello.
E per continuare a provare questa sensazione positiva si esagera, si pubblica di continuo abbassando anche il livello dei contenuti perché un messaggio leggerissimo, popolare cattura più facilmente like. E quando si riceve una critica costruttiva o un commento negativo (che a differenza dei treni arriva puntualissimo) questi personaggi social compulsivi reagiscono malissimo, entrano in crisi e nei casi più gravi gridano alla lesa maestà.
L’emergenza sanitaria avrebbe dovuto riportare tutti sulla retta via, ma è durata un attimo l’illusione di riscoprire l’importanza delle relazioni umane, dei contenuti, dei valori, della salvaguardia del pianeta. Quasi, quasi ci faccio un post.
Foto di Oleg Magni da Pexels
Nessun commento:
Posta un commento