giovedì 22 luglio 2010

Milano, la 'ndrangheta e la zona grigia

Incubi di una notte di mezza estate. A Milano e Provincia anche i più reticenti hanno dovuto ammettere pubblicamente che la 'ndrangheta c'è, esiste, comanda ed è molto pericolosa.
La politica della distrazione di massa e della negazione dell'evidenza ad ogni costo è stata stravolta, superata dai recenti mega blitz della DIA (Direzione Investigativa Antimafia).
Operazioni che hanno solo iniziato a scoperchiare il marcio presente nel milanese, gli affari sporchi della 'ndrangheta ma anche i pericolosi intrecci con il tessuto sociale, economico e politico. Sono stati arrestati molti malavitosi, sequestrati beni, coinvolti amministratori pubblici.
A destare particolare preoccupazione è la "zona grigia" di cui ha parlato anche il Pm Ilda Boccassini. In queste storie di mafia il principale problema non è individuare i buoni e i cattivi, bensì chi metaforicamente vive e agisce nella "terra di mezzo".
Coloro che non si sono schierati con lo Stato dalla parte della legalità, ma neanche in maniera completa e palese con i criminali. Sono persone molto ambigue ma apparentemente pulite che per opportunismo, soprattutto di matrice economica, vivono in mezzo tra le due barricate. Sono ibridi, pericolosi bastardi, pronti a stringere anche la più lurida delle mani pur di fare i danè o garantirsi discutibili protezioni.
Nelle storie di mafia non possono esistere sfumature, ambiguità: o si è con lo Stato o contro lo Stato. Chi vive nella zona grigia è a pieno titolo un colluso con le organizzazioni criminali, non importa il grado di commistione. Ma quanto è estesa questa zona grigia e da quante persone è occupata? Il timore è che sia molto grande e popolata.
In queste condizioni bisogna muoversi con attenzione. I tentacoli della 'ndrangheta sono così ben ramificati che perfino il vicino di casa, il panettiere, l’avvocato, il giornalista o addirittura l’attivista contro la mafia possono essere collusi.
Criminali e viscidi opportunisti vivono a stretto contatto con la gente perbene, respirano la stessa aria, frequentano lo stesso bar, le stesse strutture pubbliche, la stessa piazza, la stessa chiesa. Sono carogne vestite a nuovo e spesso ben istruite che si confondono tra la folla.
Se esistesse ancora un reale e forte spirito di comunità basterebbe il vecchio e semplice controllo sociale per individuare e denunciare le situazioni sospette, i malavitosi e i loro complici.
Oggi, purtroppo, regnano l'egoismo, l'individualismo sfrenato, l'indifferenza sociale, la cattiveria, la violenza, il razzismo padano. Tutti elementi che hanno agevolato la silenziosa ramificazione delle potenti organizzazioni criminali, il diffondersi di un cancro sempre più difficile da estirpare.

martedì 13 luglio 2010

Affinità e divergenze nell’era del paraculismo

A primo impatto potrebbero esistere poche affinità e molte divergenze tra il sedicente padano e l'italiano meridionale. In realtà è solo una questione di punti di vista. Qualche semplice esempio.
Al Nord un meridionale che arriva in ritardo a un appuntamento di lavoro è subito etichettato come "il solito terrone". Se al suo posto c'é un nordico che, oltre ad arrivare in ritardo, poi passa la maggior parte del tempo attaccato al telefono disturbando i colleghi si tratta di persona simpatica, creativa e imprevedibile.
Un meridionale che esercita pressioni, violenze e non rispetta le leggi è senza ombra di dubbio un criminale mafioso. Se al suo posto c'è un padano si parla di persona intraprendente e scaltra, di furbo da ammirare perché indipendentemente dai mezzi usati ha fatto strada conquistando potere e denaro.
Quando un meridionale si adopera per sistemare moglie, figli, parenti e amici degli amici si parla di nepotismo. Se al suo posto c'è un leghista si tratta di normale avvicendamento o di innovative tecniche di lobbying familiare. In definitiva per analoghi comportamenti cambiano solo le definizioni secondo le regole del migliore paraculismo.