L’alba è passata da un pezzo e la città lentamente prende vita. Ho già scritto quello che un giornalista
normale scriverebbe nell'arco di una settimana. È ora di uscire. Sento uno squillo e sul display del cellulare appare un messaggio. Sono le otto e un conoscente ha ritenuto necessario augurarmi “buona giornata e buon lavoro”. La cosa mi preoccupa e ho ragione. Metto in moto l’auto. Faccio in tempo percorrere qualche chilometro, poi la vettura all'improvviso si spegne. Giro più volte la chiave. Non dà più segnali di vita. Sono abbastanza vicino da raggiungere a piedi la sede del primo appuntamento della giornata. Dopo qualche ora torno alla vettura e riesco a farla partire. Non va bene, strattona, soffoca. Il danno deve essere serio. Raggiungo a fatica l’officina, la controllano subito. È un guasto del sistema elettronico. Occorre cambiare un pezzo. Costo complessivo dell’intervento 300 euro.
Inizio a pensare "male" al tipo che mi ha augurato una buona giornata ma il cellulare squilla. Devo rispondere. È la responsabile dell’ufficio stampa di un ente. Mi chiede se è confermata la mia presenza a una conferenza stampa che si svolgerà tra 30 minuti. Le rispondo cortesemente: “Non posso. Sono bloccato per un guasto all'auto in officina”. Lei: “Ho capito ma riesci a venire?”. Faccio una smorfia e rispondo: “No! Sono rimasto a piedi per un guasto all'auto e adesso sono in officina. Bloccato”. Lei: “Ho capito. Ma riesci a venire?”. A questo punto a stento riesco a non mandarla in questo posto dove non batte mai il sole e parlando come si parlerebbe a una ritardata scandendo bene le parole: “Sono rimasto a piedi. Guasto auto. Impossibilitato a venire. Mi dispiace”. Lei con tono indispettito prima di interrompere bruscamente la telefonata mi ribatte: “Se proprio non riesci a venire. Pazienza!». Dopo due ore l’auto è pronta, pago e vado via. Afferro il cellulare, premo velocemente i tasti e rispondo al tipo che mi ha messaggiato di mattina: “Buona giornata anche a te o almeno che sia bella come la mia”.
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