Lei oggi è una 40enne in forma che si occupa con passione di diritti degli immigrati che vengono in Italia. L’ho incontrata dopo 15 anni ed è un’altra donna. Rachele è proprio cambiata. Non avevo un ricordo positivo di lei perché conduceva una vita sregolata e in generale si comportava un tantino male. Inaffidabile, nonostante avesse delle ottime qualità professionali. Si presentava di prima mattina alle conferenze più sbronza di uno scaricatore di porto a fine servizio, con occhiaie da panda e spesso con un alito che puzzava di vomito.
Era, però maledettamente bella e soprattutto nell'ambito di lavoro la dava via come il pane, a chi capitava, dove capitava. Tutto questo accadeva a causa di un trauma, di un brutto evento personale. Era stata per lungo tempo l’amante del direttore dell’agenzia di marketing e comunicazione, dove lavoravamo. Poi rimase incinta, lui interruppe ogni rapporto e lei per diverse ragioni fu costretta ad abortire. Una scelta questa che sconvolse il suo equilibrio per qualche anno. Non fu mandata via. Nei momenti di sobrietà era una professionista bravissima, forse la migliore, ma anche molto stronza. Ricordo che una volta cercò di mettermi in cattiva luce in azienda rendendo pubblico tramite posta elettronica a più colleghi possibili e soprattutto ai superiori, un mio banale refuso in una relazione. Avevo scritto la parola “occorre” con una sola erre. Lo fece un po’ perché da un lato le piaceva mettere in difficoltà i colleghi anche con colpi bassi, dall'altro perché era ambiziosa e disposta a tutto per mettersi in mostra e ottenere quello che voleva. L’unico fallimento fu quello di non riuscire a strappare l’amato direttore dell’agenzia alla moglie. Un classico: un marito infedele, se costretto a scegliere, scarta sempre l’amante, per continuare la più rassicurante e abitudinaria vita familiare. Un giorno all'improvviso si licenziò per andare a lavorare, con stupore di tanti, in un’organizzazione internazionale umanitaria in terra africana. Oggi Rachele vive a Roma e guida una sua agenzia per i diritti degli immigrati. Ha sposato un africano giunto illegalmente in Italia passando per il centro di accoglienza di Lampedusa. È madre di due splendidi gemelli, un maschio e una femmina di 10 anni. L’ho vista molto serena e realizzata. Sono davvero contento per lei e la sua famiglia. Ha superato il trauma, ha ritrovato se stessa.
Era, però maledettamente bella e soprattutto nell'ambito di lavoro la dava via come il pane, a chi capitava, dove capitava. Tutto questo accadeva a causa di un trauma, di un brutto evento personale. Era stata per lungo tempo l’amante del direttore dell’agenzia di marketing e comunicazione, dove lavoravamo. Poi rimase incinta, lui interruppe ogni rapporto e lei per diverse ragioni fu costretta ad abortire. Una scelta questa che sconvolse il suo equilibrio per qualche anno. Non fu mandata via. Nei momenti di sobrietà era una professionista bravissima, forse la migliore, ma anche molto stronza. Ricordo che una volta cercò di mettermi in cattiva luce in azienda rendendo pubblico tramite posta elettronica a più colleghi possibili e soprattutto ai superiori, un mio banale refuso in una relazione. Avevo scritto la parola “occorre” con una sola erre. Lo fece un po’ perché da un lato le piaceva mettere in difficoltà i colleghi anche con colpi bassi, dall'altro perché era ambiziosa e disposta a tutto per mettersi in mostra e ottenere quello che voleva. L’unico fallimento fu quello di non riuscire a strappare l’amato direttore dell’agenzia alla moglie. Un classico: un marito infedele, se costretto a scegliere, scarta sempre l’amante, per continuare la più rassicurante e abitudinaria vita familiare. Un giorno all'improvviso si licenziò per andare a lavorare, con stupore di tanti, in un’organizzazione internazionale umanitaria in terra africana. Oggi Rachele vive a Roma e guida una sua agenzia per i diritti degli immigrati. Ha sposato un africano giunto illegalmente in Italia passando per il centro di accoglienza di Lampedusa. È madre di due splendidi gemelli, un maschio e una femmina di 10 anni. L’ho vista molto serena e realizzata. Sono davvero contento per lei e la sua famiglia. Ha superato il trauma, ha ritrovato se stessa.
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