Piccoli e grandi conflitti di interesse interessano anche il mondo del giornalismo. Un fenomeno che si diffonde come un cancro soprattutto nelle periferie dell'alto impero italiano, dove proliferano settimanali poco indipendenti e dove il controllo delle autorità è più blando. Uno dei conflitti più diffusi e negativi da un punto di vista deontologico, riguarda i giornalisti o aspiranti tali che pubblicano articoli riguardanti enti o persone di cui curano l'ufficio stampa. È come se il corrispondente della cronaca parlamentare di un giornale fosse al tempo stesso addetto stampa o comunque consulente di un gruppo parlamentare. Secondo la deontologia professionale un giornalista che ricopre incarichi di ufficio stampa (ma anche incarichi di altro tipo, ad esempio direttivi, manageriali, di dipendenza, collaborazione) per un ente, una società (pubblica o privata) un'associazione (anche no profit) non può realizzare servizi per testate giornalistiche sugli argomenti per i quali potrebbe realizzarsi un conflitto d'interessi. È un modo di lavorare molto scorretto e che raggiunge il massimo squallore quando si sfrutta la posizione all'interno di un giornale come arma di ricatto per ottenere una consulenza all'esterno. In sintesi, la richiesta suona così: "Se vuoi uscire nel mio giornale mi devi garantire una consulenza, altrimenti scrivo di te in negativo o peggio faccio in modo che tu non esista". In sostanza, più o meno velatamente, ci sono situazioni in cui si deve pagare per "esistere" sulla stampa o almeno per tenerti buoni certi giornalai. In pochi denunciano questa situazione che in alcuni casi è così diffusa da condizionare l'informazione in ampie aree territoriali a scapito degli ignari lettori. La maggioranza (formata da cittadini, giornalisti, amministratori e politici onesti) tace per paura di facili ritorsioni. Altri preferiscono accettarla o peggio cavalcarla questa situazione che in fondo permettere di condizionare a buon mercato pezzi importanti di informazione locale.
Il disagio del mondo del giornalismo è figlio di quello politico, a mio avviso l'Ordine va rifondato perché se non si rispetta la deontologia vuol dire che qualcosa non va all'interno dell'associazione. Il pesce puzza sempre dalla testa...
RispondiEliminaSe un presidente del consiglio dichiara che in Italia c'è troppa libertà di stampa. Se in Consiglio dei Ministri si attacca il programma della Dandini e il film della Guzzanti invece di sostituire il ministro dimissionario delle attività produttive. Se in parlamento si lavora per approvare una legge che impone il silenzio stampa. Se...se...se...gli infiniti conflitti di interesse dell'attuale classe politica alla guida del Paese. Ad ogni cittadino onesto e democratico il compito di presidiare lo Stato costrituzionale di diritto contrastando i passi verso un mutamento di regime. RESISTERE! RESISTERE! RESISTERE! Giuseppe
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