sabato 27 ottobre 2012

Avere la faccia come il Q


Hanno commesso una montagna di reati. Sono rimasti impuniti per troppo tempo grazie al loro potere economico e alla complicità di un sistema politico corrotto. Hanno affossato il Paese, falsato la verità e premiato l’errore. Sono stati i principali artefici del decadimento etico della società italiana e della sistematica distruzione dei valori della Carta Costituzionale. Adesso che sono a pochi passi dagli inferi, con la carne segnata dal tempo nonostante i miracoli della chirurgia plastica, pur continuando a trastullarsi tra i fasti di una vita opulenta e cafona, si beccano una multa, una sola banalissima multa per non aver rispettato un divieto di sosta. Non se ne fanno una ragione, stringono in mano un fazzoletto bianco con incise le iniziali del loro nome e piangendo balbettano: “La democrazia è finita. Così non si va avanti”.


giovedì 18 ottobre 2012

Onorevole colazione

Seduto in un angolo del bar. Succo di frutta, caffè d’orzo e il quotidiano da sfogliare. Ci sono pochi avventori. Sto ancora leggendo le ultime dichiarazioni di Mario Monti sulla crisi economica, quando nel locale entra un onorevole con un codazzo di persone sorridenti. Ci conosciamo ma faccio finta di non vederlo. È inutile. Si avvicina al mio tavolo e saluta come di rito: «Ciao. Che piacere vederti. Tutto bene?». Rispondo con le solite frasi di circostanza. 
L’onorevole torna al bancone e con gli amici consuma la colazione. Dirigendosi verso la cassa dice ad alta voce all’avvenente signorina che gli sorride di inserire nel conto anche la mia consumazione. Tutti i presenti afferrano il proprio portafoglio e precipitandosi alla cassa fanno a gara per superarlo e impedirgli di pagare. Non serve. Da dietro il bancone esce il proprietario, afferra deciso la mano dell’onorevole e, come se fosse una dichiarazione di amore, gli sussurra: «Onorevole! Ma sta scherzando. Lei e i suoi amici siete ospiti. Onorevole non mi deve nulla. Grazie, grazie mille». Sto per rimettere la colazione ma mi trattengo e continuo a leggere il giornale. L’onorevole mi fa un cenno di saluto e va via seguito rumorosamente dalla sua micro claque. 
È stato un discreto amministratore locale ma da quando è approdato in Parlamento si è trasformato in negativo, è diventato un’altra persona. Accade a tutti, è solo questione di tempo. 
Mancano ancora 30 minuti al primo appuntamento della mattina. Nel bar sono rimasto da solo. Dopo qualche minuto dalla porta compare un ragazzo di circa 30 anni e alto 1,85 centimetri, africano, vestito con roba usata ma in maniera dignitosa. 
Il proprietario lo guarda con disprezzo e poi gli urla: «Che cosa vuoi? Non facciamo elemosina in questo locale». Il ragazzo esita, poi balbettando spiega che vuole soltanto prendere un cappuccino e una brioche. Il barista gli chiede di pagare prima della consumazione. Non ho sentito bene l’importo ma credo che gli abbia anche maggiorato il prezzo di qualche euro. Lo serve in maniera rude e per lui usa un bicchiere di plastica, anziché la tazza. Mi alzo di scatto, chiedo al ragazzo di lasciare tutto sul bancone e di seguirmi fuori. Il proprietario mi guarda perplesso e anche un po’ spaventato. In alto tra le bottiglie, scorgo l’icona del Duce. Mi ricordo che l’unico fascista buono è il fascista morto. Lascio 15 euro sul bancone, la stessa cifra che avrebbe dovuto pagare l’onorevole e dico al proprietario: «Questo è il valore della tua dignità, servile con i potenti, prepotente con i deboli». 
Usciamo dal bar, il ragazzo mi segue, ci infiliamo in un altro locale. Ordino un caffè d’orzo in tazza piccola e il mio nuovo amico la sua colazione. Questa volta è servito con rispetto. Mi racconta qualcosa della sua vita, della sua terra, delle tante difficoltà. È un medico venuto in Italia a cercare fortuna, come tanti. Devo andare, ci stringiamo la mano e andiamo via, ognuno per la sua strada.


mercoledì 12 settembre 2012

Dark side of Berlin


Andare ad ascoltare un concerto della band underground berlinese Get Well Soon alla Triennale di Milano, nell'ambito del Festival MITO, per vedere l’effetto che fa. Dalla prima nota si avverte una sensazione bellissima, come essere avvolti in una calda coperta di lana o immergersi nel profondo blu. Un’atmosfera ovattata che rilassa l’anima e fa volare la mente verso l’infinito e oltre. Il genere è una sintesi perfetta tra classica, pop elettronico, dark e new wave Anni Ottanta. Get Well Soon è lo pseudonimo di Konstantin Gropper, giovane polistrumentista berlinese. Ha esordito circa sei anni fa con il primo album “Rest Now, Weary Head”. Più di 100 concerti nell’ultimo anno in Europa e numerosi festival. È stato ovunque acclamato dal pubblico e definito dalla critica il “piccolo genio tedesco”. Nel 2008 ha composto la colonna sonora per “Palermo Shooting” di Wim Wenders. E nel 2010 ha sfornato il suo più complesso e classico album “Vexations”. Dopo i concerti sold out di Berlino, Vienna, Zurigo, Londra, Bruxelles, Monaco, Get Well Soon si è esibito anche con un’orchestra alla Concert Hall di Dortmund. Il 27 agosto 2012 è stato pubblicato il terzo album molto cinematografico “The Scarlet Beast O' Seven Heads”, in cui le influenze maggiori sono state le colonne sonore degli Anni Settanta. Il nuovo album è stato anticipato dal clip del brano “Roland, I feel you”, un vero e proprio cortometraggio, che ricorda tanto lo stile di Quentin Tarantino. 


sabato 1 settembre 2012

Ombre nella notte

È notte fonda in questo scorcio di estate. Improvvisamente l’area di servizio dell’autostrada si riempie di auto. Decine di persone si dirigono sorridenti verso il bar e i bagni. Sembra di essere a una festa. Ci sono anche tanti bambini. Non è l’effetto tipico di un controesodo estivo del week end ma un normalissimo giorno della settimana. La causa di questo insolito movimento notturno è un’altra. In molti indossano la maglia di una squadra di calcio, hanno seguito una partita serale a Milano e adesso stanno facendo una tappa prima di tornare a casa. La loro squadra ha vinto e sono felici. Una ragazza con pantaloncini cortissimi, maglietta bianca attillata e stivali neri si accende una sigaretta, aspira e poi soffia lentamente il fumo in faccia al suo compagno. Nel parcheggio molti autocarri si sono posizionati per la notte. In un angolo estremo dell’area riservata alle autovetture, si scorge un drappello attorno a tre automobili stracolme di roba. Ci sono soprattutto donne e bambini. Alcuni sistemati dentro le auto che tentano di dormire, altri (i più grandi) fuori seduti sul marciapiede. Una madre dal volto disperato tiene in braccio un bimbo avvolto in una copertina bianca con fiori rossi. Lei muovendosi avanti e indietro canta un’angosciante ninna nanna. Due uomini parlottano animatamente tra loro facendo la spola da un’auto all’altra. Non sono stranieri. Hanno un forte accento piemontese. Si aggirano nella notte come dannati, come ombre senza speranza. Sono due famiglie che hanno perso il lavoro e la casa. E adesso si ritrovano in un’area di sosta dell’autostrada per trascorrere la notte. Da una parte loro, dall’altra i tifosi in festa.




mercoledì 22 agosto 2012

Mezzochilo

Da questa posizione si vede tutto. Un’inquadratura perfetta: la valle, la città e la costa. La temperatura è resa gradevole da una leggera brezza. Il solarium e la piscina sono vuoti. Il sole lentamente sta calando quando sul piazzale arriva Mezzochilo, un piccolo cane meticcio. È stato salvato da una morte certa. Il proprietario dell’agriturismo lo aveva trovato nella sua proprietà agonizzante, tutto pelle e ossa. Ha curato il cagnolino che adesso corre e gioca con gli ospiti della struttura in particolare con i bambini. Mezzochilo è il nome con cui è tornato alla vita. Si avvicina. Mi piego sulle gambe. Lo accarezzo e lui scodinzola felice, prima di correre da qualche parte nel bosco. Il sole è quasi scomparso alle mie spalle. Domani mattina sarò altrove.

giovedì 19 luglio 2012

1992: sangue e resa


Stavo conducendo il mio programma radiofonico quando arrivò la notizia. Rimasi senza parole, accovacciato in un angolo dello studio con la testa tra le mani. Poi aprì il microfono è con la voce alterata dalla rabbia dissi: “Hanno appena ucciso il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta. È successo di nuovo. La mafia ha dichiarato guerra allo Stato. Prima ha ammazzato Giovanni Falcone, adesso Borsellino…”. Bloccai la programmazione con qualche minuto di silenzio, poi solo musica. Il 1992 fu segnato da eventi funesti, ma la cosa che brucia ancora oggi a distanza di venti anni è la resa “inspiegabile” dello Stato. Si limitò a vincere qualche battaglia quando avrebbe potuto vincere la guerra e “bonificare” per sempre la Sicilia. Nel 1992 per la prima volta la stragrande maggioranza dei siciliani, quella onesta, trovò il coraggio di protestare, di scendere in piazza, di dire ad alta voce no alla mafia, di ribellarsi in massa per porre fine a quella assurda mattanza. Ero in prima fila nei cortei antimafia che si fecero nelle strade di Palermo. Nel mio piccolo cercai di contribuire in ogni modo possibile affinché si cambiasse. Avevo 23 anni. Non cambiò nulla. Adesso ne ho 43 e non è ancora cambiato nulla.