Un silenzio sovrannaturale. La gente si guarda attorno incredula. In molti sono rimasti fuori dalla chiesa, cittadini e personalità istituzionali. Non senza sforzo riescono a sentire le parole del sacerdote. In molti fissano la croce e la macchina di un grigio gelido che a momenti accoglierà il feretro di una giovane donna. Al mio fianco c’è un sindaco con le braccia incrociate sul petto che piange lacrime sincere scuotendo la testa. Osservo tanti ragazzi e ragazze con visi bianchi e immobili come manichini rivolti verso un orizzonte incerto. La celebrazione è finita e decine di persone si riversano fuori dal portone principale come insetti da un formicaio. Riempiono la piazza, circondano e stringono in un abbraccio carico di emozioni la vettura, la bara e i parenti della defunta. Seguono baci, abbracci, lacrime e strette di mano sentite e anche quelle di circostanza. Non ha importanza perché anche questa volta ha vinto la morte su ogni cosa. La nera signora non si vede ma si avverte la sua angosciante presenza, il suo alito fetido. Vuole assistere alla sua ultima opera con protagonista una piccola donna che in maniera drammatica ha interrotto per sempre il suo cammino. Sta accadendo troppe volte per restare indifferenti. Un malessere viscido e assassino continua a insinuarsi nel tessuto sociale prendendosi il nostro futuro. È necessario sconfiggere le ombre che s’insidiano nelle anime più fragili colorandone di nero le giornate. Nella mente mi si fissa l’immagine di San Michele, allora affondo le mani nelle tasche del cappotto, volto le spalle alla folla mesta e lentamente con un filo di fiducia nel cuore mi allontano fino a sparire dietro un angolo lontano.
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