giovedì 18 marzo 2010

Resistere con lentezza

Negli Anni Ottanta tra gli adolescenti si organizzavano le feste da ballo in casa. Si disponeva sempre di un rudimentale impianto luci e di un mixer con piatti per i dischi in vinile che davano nell'insieme un tocco professionale ai periodici sabati in compagnia.
Di quel periodo si ricordano molte cose belle ma anche l'estrema pesantezza dei mitici “lenti” di fine serata, quando si poteva invitare la ragazzina disponibile (magari perché preventivamente “scartata” da altri) per un ballo ravvicinato del primo tipo.
Avvinghiati stretti, appiccicati come una cozza sullo scoglio. Vi erano delle canzoni davvero angoscianti e interminabili come, solo per fare qualche esempio: “Victims” dei Culture Club, “Russians” di Sting o “Imagine” e “Woman” di John Lennon o ancora Stripped dei Depeche Mode.
Non si poteva fiatare. L'importante era resistere, resistere, resistere. Anche quando si rischiava seriamente lo svenimento per le alte temperature, le prime tempeste ormonali, l'eccesso di colonie nauseabonde, il ripetuto e doloroso schiacciamento dei piedi oppure si provava un disagio estremo nello stringere tra le braccia una vera cozza o al contrario (per le ragazze) un essere maschile pluricellulare il cui volto era tempestato di enormi foruncoli primordiali.
Non si poteva mollare, sarebbe stato molto sconveniente. Forse è anche per questi interminabili e strazianti lenti, queste prove di resistenza che quella generazione oggi sopporta di tutto e di più. La mancata capacità di reagire al cattivo, doloroso e maleodorante andazzo delle cose potrebbe essere dovuta a quei maledetti lenti.


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